La popolosa solitudine di Olivia Laing

Città sola

La popolosa solitudine di Olivia Laing

Autore:
Casa editrice: Il Saggiatore
Titolo:
Traduttore: Francesca Mastruzzo
Pagine: 292
Prezzo: 24 € (Omaggio C.E.)
Chi non sa popolare la sua solitudine, nemmeno sa esser solo in mezzo alla folla affaccendata – Baudelaire
solitudine laing

I nottambuli, Hopper

Il testo ibrido “Città sola” di Olivia Laing, a metà tra un saggio ed un memoir, può racchiudersi in quell’unica frase di Charles Baudelaire. Popolare la propria solitudine è forse una delle cose più difficili che un essere umano possa fare, ma anche la cosa che forse più di tutte, è capace di lenire un po’ quel vuoto che il sentimento della solitudine porta con sé. Chi non si è sentito colpito da questo sentimento almeno una volta nella vita? Chi non si è mai sentito non compreso, incapace di muoversi in una folla che vedeva ma non guardava?

Si può essere soli ovunque, ma la solitudine che viene dal vivere in una città, circondati da milioni di persone, ha un sapore tutto suo.

Olivia Laing, attraverso il racconto autobiografico di una parte della sua vita, scandaglia questo sentimento sminuzzandolo attraverso la miriade di vie che compongono New York. È il primo ossimoro della narrazione: perché ambientare un saggio sulla solitudine in una delle città più popolose del pianeta? Sì, la propria esperienza ma non si ferma a questo.

David Wojnarowicz, Arthur Rimbaud in New York

 

Hopper, Wojnarowicz, Warhol, Darger: i quattro personaggi che accompagnano la Laing nella sua mappa della solitudine, così come lei stessa definisce il suo lavoro. In particolare il secondo dei quattro, del quale io non conoscevo molto, mi ha affascinata tantissimo ed ho apprezzato l’abilità dell’autrice nel far emergere ciascun punto critico dei quattro artisti citati ma allo stesso tempo rivoltare le loro fragilità in punti di forza. E non è forse la solitudine una delle fragilità peggiori?

Henry Darger

“Città sola” è un libro scomodo. Ogni pagina è così vera che non si può far altro che rispecchiarsi e riconoscersi rigo dopo rigo un po’ di più nelle esperienze di vita delle persone che in quelle pagine prendono vita. È un pugno nello stomaco: dice esattamente quello che non vorresti sentirti dire proprio perché hai provato le stesse cose.

Le città possono essere luoghi solitari, portandoci a riconoscere che la solitudine non richiede necessariamente un isolamento fisico, ma piuttosto un’assenza o scarsità di contatto, vicinanza, famigliarità: un’incapacità, qualunque ne sia la causa, di raggiungere il grado di intimità desiderato.

Secondo me, è anche da leggere in pillole. Ci sono libri da leggere tutti d’un fiato, in questo caso a mio parere non è così: capitolo dopo capitolo, da leggere lentamente, capire che la solitudine è un posto affollato.

Città sola

Sabrina Turturro
sabrina.turturro@gmail.com

Sabrina Turturro | Bookish person. Photography and movie enthusiast. Art, travel and tv shows addicted. A dreamer. Instagram, Snapchat, Facebook: nebuladaphne nebuladaphne@gmail.com

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