Ultime letture 2016

le ragazze, fato e furia

Ultimamente sono stata un po’ assente qui sul sito, escludendo la categoria Portfolio dove ho aggiunto alcuni degli scatti più recenti(click). Nell’ultimo periodo mi sono concentrata su poche ma ottime letture e proprio a loro ho deciso di dedicare il primo post di questo 2017.
Una delle mie ultime letture del 2016 è stata una delle storie più discusse, un romanzo considerato l’esordio migliore dell’anno ormai passato.

Titolo: Le ragazze
Titolo originale: The Girls
strong>Autore: Emma Cline
Casa Editrice: Einaudi collana “Stile libero big”.
Pagine: 334

Costo: 18€

Traduzione di Martina Testa.

Trama:

Evie voleva solo che qualcuno si accorgesse di lei. Come tutte le adolescenti cercava su di sé lo sguardo degli altri. Un’occasione per essere trascinata via, anche a forza, dalla propria esistenza. Ma non aveva mai creduto che questo potesse accadere davvero. Finché non le vide: le ragazze. Le chiome lunghe e spettinate, i vestiti cortissimi. Il loro incedere fluido e incurante come di «squali che tagliano l’acqua». Poi il ranch, nascosto tra le colline. L’incenso, la musica, i corpi, il sesso. E, al centro di tutto, Russell. Russell con il suo carisma oscuro. Ci furono avvertimenti, segni di ciò che sarebbe accaduto? Oppure Evie era ormai troppo sedotta dalle ragazze per capire che tornare indietro sarebbe stato impossibile?

Su questo romanzo, esordio della scrittrice statunitense Emme Cline, si sono spese tante parole. È una storia ben strutturata, dal ritmo incalzante ed una volta addentrati nella trama è difficile metterlo giù. La protagonista, Evie Boyd, è un’adolescente piena di curiosità ma sopratutto d’insicurezze, caratteristiche che negli anni in cui si trova a vivere, a cavallo tra i ’60 e ’70, ed il luogo, la California, troveranno modo di esprimersi in maniera non convenzionale.

«A quell’età ero, prima e più di tutto, una cosa da giudicare, il che in ogni rapporto alterava le dinamiche di potere a favore dell’altra persona.»

Il padre della protagonista ha lasciato il tetto coniugale per ricominciare una nuova vita con la sua giovane segretaria, gettando la madre di Evie in una corsa frenetica contro il tempo e la solitudine, corsa che lascerà sempre più indietro l’adolescente che, spinta dal desiderio di emulazione e al contempo di ribellione, si unirà ad una vera e propria setta.

Una delle ragione che spingeranno Evie a cercare in altro quello che lei crede il suo giusto posto nel mondo, è proprio l’incomunicabilità famigliare che ritorna ciclicamente nel romanzo e di cui la Cline parla in maniera incisiva.

Una parte di me si sentiva effettivamente bene, o forse stavo confondendo la familiarità con la felicità. Perché quella c’era, anche quando non c’era l’amore: la rete della famiglia, la purezza dell’abitudine e della propria casa. Era una quantità di tempo incalcolabile, quella che si passava a casa, e forse era quanto di meglio si potesse desiderare: quel senso di perenne chiusura entro un confine, come grattare con l’unghia cercando la fine del rotolo di scotch senza trovarla mai. Non c’erano giunture, non c’erano interruzioni: solo i punti fermi della tua vita che avevi talmente assorbito da non esserne più neanche consapevole.

E sarà proprio da questi punti fermi che Evie cercherà di allontanarsi, tesa in una ricerca spasmodica di accettazione. Troverà una risposta -raffazzonata, estrema- nel gruppo delle ragazze “fluide ed incuranti come squali che tagliano l’acqua” ed in particolare in Suzanne.

Nessuno mi aveva mai guardata davvero prima di Suzanne, perciò da un certo momento in poi era stata lei a definirmi.

A loro invidia la sicurezza, la sfrontatezza e quella che lei scambierà per libertà ma che si scoprirà poi essere un’invisibile rete creata attorno a loro da Russell, figura a cui loro guardano come un maestro, un protettore, ma che in realtà è soltanto un uomo abile con le parole e nello sfruttare le debolezze altrui, colpendo nel punto più fragile: l’amore.

L’amore poteva venire da ogni direzione. Così da non restare delusi se non ne veniva abbastanza dalla direzione sperata.

Suzanne in particolar modo diventa per Evie la sorella, l’esempio, forse il primo amore da seguire ciecamente e sarà la stessa Suzanne, in extremis, a salvarla. È noto che il libro tratti anche di un episodio realmente accaduto, ovvero il massacro in casa Polanski(click qui per approfondire): inevitabile visti i riferimenti reali Charles Manson e la sua “famiglia”, che nel libro prendono le sembianze di Russell e del ranch. Ma questo episodio cruento in realtà, costituisce una minima parte del romanzo, una sorta di conclusione violenta che si presagiva già dalle prime pagine. “Le ragazze” è molto di più, è una lente d’ingrandimento puntata sulle debolezze di un’adolescente in cui è facile rispecchiarsi, gettata in un contesto estremo che ha finito per segnarle l’intera esistenza.

 

Titolo: Fato e furia

Titolo originale: Fates and furies

Autore: Lauren Groff

Casa Editrice: Bompiani

Pagine: 459

Costo: 19€ (omaggio casa editrice)

Traduzione di Tommaso Pincio.

Trama: Per alcuni la vita è sogno. Lotto e Mathilde,il ragazzo d’oro e la principessa di ghiaccio, si conoscono alla fine dell’università e si sposano subito: giovani, bellissimi e innamorati, si avviano verso un destino di felicità. Lotto depone senza troppo dolore le ambizioni da attore per diventare celebre come autore teatrale, e Mathilde si rivela la moglie ideale, la musa silenziosa: lui ama le luci della ribalta e lei sceglie il riparo delle quinte, lui è fiducioso e aperto verso le persone e il futuro, lei è più oscura e sfuggente. Ventiquattro anni di matrimonio per una coppia perfetta, quella che vedono – o credono di vedere – tutti da fuori: ma basta cambiare punto di vista e la maschera cade. Il fato cala senza pietà; e Mathilde è la furia che libera un carico di rivelazioni.Con la sua scrittura intensa e luminosa Lauren Groff è riuscita a dare grande respiro narrativo a quella che si può leggere come una pièce teatrale, una tragedia animata da due personaggi folgoranti: perché ogni storia ha due facce, e la chiave di un matrimonio non è la verità, ma il segreto.

“Fato e furia”, arrivato in finale al National Book Award, uno dei più importanti premi per la narrativa, è uno di quei libri che, nel momento in cui devi raccontarlo a qualcuno, ti fanno porre subito una domanda: e adesso da dove comincio?

Sarò sincera, l’inizio del romanzo mi ha fatto storcere il naso: non riuscivo a star dietro alla scrittura della Groff, la trovavo pretenziosa, a tratti confusionaria e con personaggi quasi odiosi. Calco la mano su questi giudizi iniziali per ammettere semplicemente che, tempo venti pagine, e mi ero rimangiata tutto; e se un romanzo è stato in grado di ribaltare impressioni così negative, vuol dire che è un buon romanzo. Il perno attorno a cui ruota la trama è il matrimonio, ma si parte, attraverso un sapiente gioco d’immersione nel passato, da quello che c’è prima: due persone ben distinte con storie, idee, luci ed ombre totalmente differenti e che per fato o destino che dir si voglia, si troveranno a diventare marito e moglie.

Pagina dopo pagina le parole andavano a plasmare il protagonista maschile, Lancelot, in modo ancora più intimo, perché la Groff ci introduce a lui partendo dalla sua famiglia, il bozzolo in cui la personalità si forma. Ho interpretato questa scelta come una volontà di scavare ancora più a fondo nel personaggio, farci conoscere il perché di determinate sue scelte. Infondo, in parti più o meno importanti, siamo parte di ciò che i nostri genitori sono e mai come in Fato e furia questa connessione risulta evidente. Lotto, abbreviativo con cui verrà chiamato per tutto il romanzo, è un testardo sognatore, a volte fino a sfiorare la depressione, eppure troverà proprio in Mathilde la risposta alla sua intera esistenza, seconda -forse-, solo al teatro, altro protagonista incorporeo della prima parte della storia.

Nella seconda parte, rimanendo nell’ambito del teatro -infondo cos’è la storia di questo matrimonio se non un rappresentazione che i protagonisti svolgono davanti a loro stessi?-, entra in scena lei, Mathilde, bellezza impenetrabile dalla folta chioma nera.

Lei infatti, per tutta la prima parte del romanzo è stata un’ombra, non meno importante ma presenza silenziosa, costante e dai contorni confusi. A poco a poco la Groff ci guida con la sua scrittura -precisa, barocca ma mai sconsiderata- che diventa tagliente proprio come tagliente è Mathilde, nel passato di questa ragazza diventata donna sotto i nostri occhi, che nasconde un passato indelebile come una cicatrice.

Cos’è, in definitiva, Fato e furia? Sì, è la storia di un matrimonio. Ma si può davvero ridurre a questo la narrazione di due e più vite? Si può chiudere in un unico legame un’esistenza intera? La risposta è in queste quattrocento pagine che scorrono via veloci come i giorni dei protagonisti. “Fato e furia” è stato l’ultimo libro letto del 2016, nonché uno dei migliori.

Sabrina Turturro: Sabrina Turturro | Bookish person. Photography and movie enthusiast. Art, travel and tv shows addicted. A dreamer. Instagram, Snapchat, Facebook: nebuladaphne nebuladaphne@gmail.com
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