16 Gen Cinque consigli Adelphi di cui non avevate bisogno
Ormai è cosa nota: quando un lettore vede la dicitura -25% perde un po’ della lucidità e dello spirito critico che in linea di massima lo contraddistingue. Per quanto mi riguarda, ho un debole per queste due cifre quando abbinate al catalogo Adelphi, sempre ricco di titoli che, in un modo o nell’altro, mi ritrovo a bramare.
Ho deciso di scremare l’infinita lista proponendovi cinque volumi, tutti letti qualche tempo fa, che non compaiono spesso su questi schermi. Gli ultimi invece credo che presto saranno nel mio carrello; magari stuzzicano anche la vostra curiosità.
(Se invece volete sparare sulla crocerossa, a mani basse vi dico “Le braci”, “L’altra donna” anche se con qualche riserva e “L’eredità di Eszter” di Màrai, quest’ultimo perfetto per conoscere l’autore o “La camera azzurra” di Simenon e sono solo davvero i primi che mi vengono in mente).
NB. I link diretti ai vari libri sono sulle immagini. Questo post non è sponsorizzato da nessuno. Pace.
Un Fitzgerald al quale non siamo abituati ma di cui avevamo bisogno. O almeno parlo per me, visto che di questo signore qui leggerei anche la sempre citata lista della spesa. Nel 1936 l’autore era economicamente assai in difficoltà perciò, previo un anticipo consistente, cominciò a collaborare con la rivista Esquire, dove i tre articoli furono pubblicati. Il crollo, Attenzione, fragile ed Incollare sono i titoli che compongono il volumetto. A cuore aperto Fitzgerald – sarebbe il caso di chiamarlo Scott vista l’intimità delle pagine – parla del tracollo fisico ma sopratutto psicologico che si trovava ad attraversare. Una lettura breve ma imprescindibile, specie se si ha un debole per questo autore.
Va bene che la vita è tutta un processo di disgregamento, ma i colpi di portata micidiale -i colpacci improvvisi che arrivano o che sembrano arrivare, dall’esterno e che restano impressi, da addurre poi a discolpa, o che confesserai agli amici nei momenti di debolezza -quelli lasciano sempre qualche strascico. C’è un altro genere di colpi che arriva dall’interno, che avverti solo quando è troppo tardi per correre ai ripari, quando prendi coscienza senza appello che per certi aspetti non sarai più quello di un tempo. Il primo tipo d’incrinatura si produce in fretta; il secondo si produce quasi a tua insaputa ma, d’un tratto, ne hai piena coscienza.
Sono una fan della Beat Generation, questo devo necessariamente premetterlo. Nonostante io abbia lasciato a metà Pasto nudo di Burroughs, continuo a venerare tutti loro come la peggiore delle esagitate. Perciò per questo libro nutrivo delle aspettative altissime. Che no, non sono state deluse. La vicenda parla, tra i deliri e la cornice di una New York negli anni ’40 surreale, dell’episodio che separò il gruppo: l’omicidio di David Kammerer compiuto da Lucien Carr. I punti di vista ed i capitoli si alternano tra Will Dennison e Mike Ryko, pseudonimi rispettivamente di Burroughs e Kerouac e francamente mi sono piaciuti parecchio entrambi. Imperdibile è la postfazione di James Grauerholz, esecutore testamentario di Burroughs nonché amico dell’intero gruppo – sì, viene spiegato anche lo strambo titolo.
In copertina c’è la locandina del film “Kill your darlings” diretto dal regista John Krokidas ed uscito nel 2013 con titolo “Giovani ribelli” di cui consiglio la visione. Per approfondire in particolare la figura di Allen Ginsberg invece consiglio “Urlo” con protagonista un magnifico James Franco.
Sul libro scrissi anche una breve recensione qualche tempo fa, la potete trovare qui.
Wislawa Szymborska è, essenzialmente, una poetessa che bisogna leggere almeno una volta. In questo volume sono raccolte tutte le sue poesie, immancabile testo per tutti gli appassionati. Ah si, ha anche vinto il Nobel per la Letteratura nel 1996. Qui trovate un articolo più approfondito.
Il libro che sfoglio periodicamente, pieno di sottolineature e fiori essiccati all’interno in corrispondenza delle pagine più intense – e sono tante. Sto parlando dei “Diari” di Sylvia Plath, autrice alla quale sono particolarmente legata. I diari ripercorrono quasi tutta la sua breve vita, passando attraverso i suoi periodi di depressione e la sconcertante esperienza dell’elettroshock. Un’intensità crescente, fino alle ultime pagine scritte qualche tempo prima del suicidio.
Non credo che smetterò mai di consigliare e talvolta anche di pensare a questo romanzo-verità. È stato il mio primo Carrère e nonostante io l’abbia letto quasi due anni fa, ancora purtroppo non ho recuperato null’altro di suo. Da appuntare in agenda come un buon proposito da lettrice per quest’anno. Quando, in maniera del tutto random, mi viene chiesto di consigliare un bel libro, L’Avversario non manca mai. Un bel libro, bellissimo: non facile. Carrère narra una vicenda tristemente nota e realmente accaduta, una vicenda che ha dell’incredibile e che spesso, quando mi sono ritrovata a raccontarla, i miei interlocutori a stento credevano che lo fosse. Colui che la Bibbia chiama Satana: L’Avversario. Jean-Claude Romand il 9 gennaio 1993 ha ucciso la moglie, i due figli di nemmeno dieci anni ed i genitori e poi ha tentato di suicidarsi, invano. È l’epilogo della vicenda e vi assicuro nemmeno il dettaglio più raccapricciante. È un romanzo da centellinare, da leggere prendendosi del tempo. Uno dei migliori letti negli ultimi anni.
Per concludere, i titoli che molto probabilmente acquisterò presto – sono brevi, non vanno troppo ad intaccare il mio senso di colpa nei confronti della pila ancora da leggere:
Entrambi di un autore di cui non ho mai letto nulla, Joseph Mitchell, famoso sopratutto per il suo lavoro di giornalista al New Yorker. Entrambi hanno come tacita protagonista New York, ma sono molto diversi tra loro: “Il segreto di Joe Gould” narra le vicende di un eccentrico barbone newyorkese che raccoglie testimonianze di chi incontra raccogliendole in quaderni che poi lascia qua e là. Mitchell ne ripercorre la vita. “Una vita per strada” invece è un libricino pieno di ritratti dei passanti che popolano la Grande Mela.
Lawrence Osborne è uno scrittore e viaggiatore inglese, autore di numerosi romanzi di viaggi, un genere al quale io non mi sono mai approcciata. Vorrei cominciare da questo piccolo volume che racconta il Tibet, un viaggio desolato in una delle regioni che più mi affascinano.
Uno dei miei colpi di fulmine da libreria. Cominciai a sfogliarlo tempo fa e già dopo poche pagine ne rimasi catturata. Ispirato alla storia vera del suicidio della prima moglie dell’autore, è una storia che si ripromette essere densa e indimenticabile, proprio quello che più spero di trovare in un bel romanzo.
E voi? Quali titoli un po’ meno celebri mi consigliate?
Paola Lorenzini
Posted at 11:33h, 16 GennaioLa gioia di scrivere vorrei leggerlo.
Sabrina Turturro
Posted at 12:52h, 16 GennaioÈ veramente bello, lei è una poetessa molto delicata. A me ha conquistato subito!