17 Dic Sono pesi queste mie poesie
Il 17 dicembre di quarantadue anni fa, nasceva a Jalta Nika Turbina. Ho conosciuto questa poetessa circa un mese fa, ascoltando per la prima volta uno dei suoi più famosi componimenti, quello che da il titolo a questo post e al libriccino edito da Acquamarina (in foto) e curato da Federico Federici.
Sono pesi queste mie poesie,
pietre spinte lungo una salita.
Le porterò stremata
allo strapiombo.
Poi cadrò, viso nell’erba,
non avrò lacrime abbastanza.
Smembrerò la strofa
scoppierà in singhiozzi il verso
e si pianterà nel palmo
con dolore anche l’ortica.
L’amarezza di quel giorno
tutta trasmuterà in parola.
Appare dirompente nei suoi componimenti un forse senso del dolore, una vista acuta e dolente della vita, una forte introspezione e necessità di analizzare, anzi sviscerare ciò che la circonda. Nulla di nuovo per un poeta, osservatore e insieme sognatore.
La cosa più sorprendente? Nika Turbina scrisse la maggior parte delle sue poesie durante l’infanzia, fra i sette ed i nove anni di età, compreso il testo riportato prima.
Tutto quello che dovevo, l’ho detto da bambina, nelle mie poesie. Non c’era bisogno che divenissi donna.
Coscienza acuta, tanto da potersi chiamare bambina prodigio, un bisogno impellente di esprimersi. “Le poesie venivano come qualcosa di incredibile, che ti raggiunge, poi ti lascia” affermò. Lettere e parole come un flusso di coscienza sui generis, che irrompe nei pensieri di una bambina che a quattro anni recitava le sue poesie di notte alla mamma.
Chi sono io?
Di chi gli occhi quando guardo nel mondo?
Di amici, familiari, belve, alberi ed uccelli?
Di chi le labbra per bere rugiada
dalla foglia caduta sulla strada?
Di chi le braccia per stringere
il mondo, così fragile, indifeso?
La voce è persa in quella di tormente,
campi, diluvi, boschi e notte.
Chi sono in tutto questo, io?
Dove cercare in me?
E come dar risposta a tutte
queste voci, alla natura?
Nel maggio del 1985 Nika è in Italia, a Venezia, dove le viene conferito il Leone d’oro in occasione del festival internazionale di poesia “Poeti e pianeta Terra”. Qualche anno dopo è negli Stati Uniti, viaggio al quale segue la pubblicazione della sua seconda raccolta, a Mosca “Scale che salgono, scale che scendono“. Da allora, le sue opere sono state tradotte e pubblicate in dodici paesi.
Mi hanno tormentata le parole nuove.
Ora qui tralascio qualche lettera, ora lì un accento manca.
Mi sono vantata a lungo
di quella che ho scordato.
Così facile da dire.
Mi regala il suo valore il tempo
-che è l’Amore-
nel presentimento della quiete.
Uno sguardo così sensibile spesso ha un prezzo: Nika Turbina aveva un lato nascosto, più in ombra, che la portò a tentare il suicidio più volte senza però riuscirci. A Mosca però, 11 maggio 2002 scompare tragicamente a soli ventisette anni, a seguito di una caduta dalla finestra. Suicidio o tragico incidente? A tal proposito riporto le considerazioni di Federico Federici: “Oggi, lungi dall’aver chiarito le dinamiche di quel tragico volo dalla finestra, prendo però in considerazione la possibilità che le sue cause furono altre da un impulso o da un calcolato gesto a gettarsi nel vuoto, e non così facili da accertare in ogni caso.”
Questa poetessa è stata una piacevole scoperta, una voce discreta con una sensibilità che merita decisamente di essere conosciuta.
Vi segnalo inoltre l’interessante post a lei dedicato dal curatore del libro, Federico Federici(click sul nome per link diretto).
(Il libro in foto fa parte della collana “Acquamarina” edito da Edizioni Via Del Vento link qui).
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