Un amore senza parole, Didier Blonde

Un amore senza parole, Didier Blonde

Autore:
Casa editrice: Federico Tozzi Editore
Titolo:
Traduttore: Chiara Tavella
Pagine: 140
Prezzo: 15,00 € (Omaggio C.E.)

Suzanne Grandais aveva sembianza di stella – e di stella polare del cinema francese. 

-André Antoine

Suzanne Grandais

Quando Federico Tozzi, editore e fondatore della piccola realtà editoriale che porta il suo nome mi ha presentato “Un amore senza parole” di Didier Blonde, la prima cosa che ho fatto è cercare su Google il nome di Suzanne Grandais, protagonista silente di questo libro; una volta lette le brevi informazioni a disposizione, la mia curiosità è aumentata esponenzialmente: la Grandais è stata una stella del cinema muto, diventando in breve tempo quella che può considerarsi a tutti gli effetti la prima stella del cinema di Parigi.

A quell’epoca, il cinema apriva sul mondo degli occhi meravigliati e sembrava non essere stato inventato che per celebrare la bellezza delle donne nell’incanto della luce e del vento. Erano figure eleganti, adornate di diamanti, nascoste sotto velette e cappelli dallo stile improbabile, inseguite da uomini un poco ridicoli, sempre gelosi, con il monocolo e le ghette bianche.

“Un amore senza parole” è un testo di non fiction perché, e questa è la cosa che può apparire più assurda, racconta fatti realmente accaduti. Se non avessi avuto la certezza datami dall’editore, avrei faticato a crederci anche io. È lo stesso Didier Blonde, l’autore, che prende per mano il lettore trasportandolo in una Parigi passata, un po’ sbiadita, in mezzo a vecchie bobine impolverate e luoghi che ormai conservano solo l’alone dei tempi d’oro.

E poi c’è lui, il protagonista narrante, quello che ha preso la penna in mano e ha scritto un diario che racconta la sua passione, la sua ossessione segreta per Suzanne: Jean D. In una sorta di matrioska, pagina dopo pagina seguiamo Blonde che pedina Jean D. che a sua volta ha seguito Suzanne Grandais.

Innamorarsi di un’immagine, riguardare fotogrammi muti più e più volte, seguire un’attrice durante i suoi spostamenti, arrivare a chiamarla per sentire almeno una volta la sua voce – che concetto assurdo per noi, il pensiero di non conoscere la voce dei nostri attori preferiti – eppure mai farsi avanti, mai scrivere una lettere, mai cercare d’incontrarla realmente.

Come parlava Suzanne? Il fascino che esercita è dovuto alla voce che non possediamo? Io la immagino – per quanto si possa descrivere una voce – di volta in volta greve, spigolosa, canaglia, calda o roca, magari un po’ rotta – cangiante come i suoi ruoli e il suo volto. Certi attori del muto sono spariti per via della loro voce. Se non fosse scomparsa prematuramente, sarebbe sopravvissuta all’avvento del sonoro?

Il giardino è deserto. Non c’è alcun rumore. Non ho mai avuto l’impressione così vivida di essere stato trasportato nel passato. Confronto il presente con il ricordo dello stesso, verifico ogni dettaglio fino a lasciarmi assorbire da questo scenario. Non è cambiato niente. La memoria dei nomi e dei luoghi.

È un’inchiesta sui generis – non a caso è spuntato il nome di Carrere: la parte piena d’incognite riguarda specialmente la morte della Grandais, avvenuta a seguito di un grave incidente sabato 28 agosto 1920 all’età di ventisette anni. C’erano dei segni premonitori, dicono, delle strane coincidenze ed una lettera anonima recapitata all’attrice qualche giorno prima. La stampa amplificò molto l’evento, dando la colpa alla strada, ai pneumatici, alle pessime sospensioni della macchina nonostante l’andatura lenta. Tante pagine stampate si pronunciarono anche sul volto deturpato dell’attrice, colei che era stata il sorriso della nazione: la Francia aveva perso in modo drammatico la sua prima, grande stella e Jean D. aveva perso il suo unico, grande amore.

Un pugno in pieno volto non mi avrebbe colpito con più violenza. Non dissi una parola e, con un vago pretesto, lasciai i miei amici. Una volta solo, ho comprato il giornale. Dopo di ciò, oggi, non ricordo altro. Il mio cuore era diventato di ghiaccio.

In conclusione, “Un amore senza parole” è stata una lettura interessante e non uso questo termine senza cognizione di causa: mi ha fatto interessare ed appassionare – sono andata a spasso per il web alla ricerca dei posti descritti, di immagini dell’epoca – e trovo che per un libro del genere questo sia un risultato ragguardevole.  Non a caso, in Francia Didier Blonde pubblica con Gallimard: sono sinceramente contenta che Federico Tozzi Editore abbia deciso di portare in Italia questo testo, uno dei più raffinati letti ultimamente – e che mi ha fatto venir voglia di recuperare tutte le pellicole mute citate.

Sabrina Turturro
sabrina.turturro@gmail.com

Sabrina Turturro | Bookish person. Photography and movie enthusiast. Art, travel and tv shows addicted. A dreamer. Instagram, Snapchat, Facebook: nebuladaphne nebuladaphne@gmail.com

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