25 Apr Incontro con Maurizio De Giovanni e la sua Sara
“Ho una storia per volta nella testa, non mi serviva un personaggio femminile. Non l’ho cercata io, è stata lei a venire da me, con forza“, così Maurizio De Giovanni ci introduce Sara, la protagonista del suo nuovo romanzo “Sara al tramonto” che già pochi giorni dopo l’uscita ha riscontrato un enorme successo di pubblico.
Martedì scorso sono stata ospite a Palazzo Mondadori – un palazzo imponente, opera dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer – e nella cornice della nuova Sala Agorà ho avuto modo, assieme ad altri blogger, di conoscere De Giovanni.
Tutti in cerchio intorno a lui, lo scrittore ci ha messi subito a nostro agio, contento di presentarci la sua nuova eroina, una donna decisamente lontana da qualsiasi tipo di stereotipo.
“Non trovate che questa copertina sia splendida? Esprime un senso di solitudine che mi ha subito fatto venire in mente Hopper”. È così: il progetto grafico della nuova collana Nero Rizzoli è curato dall’art director Francesca Leoneschi, con in copertina l’illustrazione di Iacopo Bruno ed oltre a ricordare i capolavori di Hopper, riesce ad inquadrare perfettamente Sara.
Sara è un’agente di un’unità speciale in pensione. Sara ha una capacità, affinata con tanto lavoro e studio: riesce a leggere la mimica facciale, riesce a leggere il labiale anche a distanze elevate. Sara legge le persone come fossero libri aperti, Sara accumula dentro di se i sentimenti degli altri e dispiega i loro sentimenti come fossero rocchetti di spago ingarbugliati. E poi arriva lei, Teresa, la sua controparte, la sua ex collega ora a capo della divisione: le propone un nuovo caso e Sara, da tempo fuori dalle scene ma mai completamente, accetta.
Sara, proprio perché vede e decifra la realtà, odia la finzione. Non si trucca, non mette tacchi: due elementi che da soli riescono a ribaltare completamente il luogo comune della donna in carriera che, volente o no, abbiamo in mente. Ha lasciato il marito ed il figlio quando era ancora piccolo per inseguire il suo vero amore, Massimiliano, che l’ha lasciata sola a seguito di una lunga e malattia. Ma lei non si pente, di niente. Non è un gesto qualunque, quello di Sara, è un gesto maschile. “Se ci pensate“, ci dice De Giovanni, “è un gesto che riusciamo ad accettare di più quando compiuto da un uomo. Ma una donna? Una donna che lascia il suo bambino per inseguire l’amore? È davvero difficile da accettare senza nessuna remora. Sara ha tanti rimpianti, ma nemmeno un rimorso”.
Da dove è partita l’idea di Sara?
Era un sabato sera, il momento della settimana per eccellenza di socialità e condivisione. Vicino casa mia ho visto una macchina posteggiata e dentro una signora, capelli bianchi, un volto triste – non doloroso, ma malinconico -. Mi ha fatto riflettere. Tu sei uscita, sei in macchina non a casa alla finestra con i tuoi demoni. Lo spettro di solitudini era talmente più vasto della passività della solitudine che dovevo scriverlo per forza. Il sabato sera mi sono fatto le domande e la domenica mattina ho trovato tutte le risposte. Per rendere al meglio la sua abilità ho letto diversi saggi sul linguaggio non verbale.
C’è una Napoli diversa da quella che siamo abituati a leggere ne I bastardi di Pizzofalcone o nei casi di Ricciardi. È una Napoli borghese, grigia, che segue il grigiore di Sara. “Vivo in una città che recita il ruolo che le chiedo: una Napoli chiassosa la trovo facilmente, così come una Napoli respingente, ostile. Napoli offre tutto e il contrario di tutto”.
Maurizio De Giovanni non ha nascosto il suo profondo legame con gli altri scrittori noir italiani, un fattore che è difficile da riscontrare in un tempo dominato da rivalità e competizione: “Raccontiamo l’occhio italiano, modi diversi ma che il giallo unisce. Noi veniamo da città distanti un’ora di treno ma scriviamo in modi opposti, questo perché il nostro è un Paese che offre tantissimo. È un movimento forte, il nostro, che verrà ricordato”.
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